CAPITOLO V - OPENSOURCE E COPYLEFT NELLE OPERE NON SOFTWARE: 4.3. PARTICOLARI INIZIATIVE

Al di là della redazione e del costante aggiornamento delle licenze e della raccolta e promozione delle opere diffuse liberamente, Creative Commons ha recentemente attivato alcune iniziative settoriali di cui segnaliamo le più interessanti. L’iniziativa “ i c o m m o n s ” mira all’internazionalizzazione del progetto Creative Commons, promovendo e sostenendo la formazione di organizzazioni simili negli altri paesi del mondo e coordinandone l’attività. Attualmente nella pagina web dedicata all’iniziativa si trovano i link relativi ai paesi attualmente coinvolti (Brasile, Cina, Finlandia, Giappone, Irlanda, Italia, Taiwan) e si specificano le implicazioni di diritto internazionale che hanno le CCPL: “le nostre licenze sono prive di riferimenti alla giurisdizione (‘jurisdiction-agnostic’): non si riferiscono cioè alle leggi o all’ordinamento di un particolare stato e non contengono alcun tipo di indicazione sulla legge da applicare. Tuttavia, il testo delle licenze è basato per molti versi sul Copyright Act statunitense.

Questo significa che, benché noi non abbiamo motivo di pensare che le licenze possano non funzionare nei diversi sistemi giuridici del mondo, è almeno concepibile che qualche aspetto delle licenze non vada d’accordo con le leggi di un particolare paese.” Questo tipo di annotazione diventa – come vedremo – di grande significato per l’aspetto processuale del diritto privato internazionale. Un’altra curiosa iniziativa è quella denominata “Founders Copyright ” ed è mirata a riportare in qualche modo i limiti temporali del copyright statunitense a quelli originari previsti nella Costituzione dai padri fondatori (i ‘Founders’, appunto) del nuovo stato americano. Infatti la prima legge U.S.A. sul copyright (risalente al 1790) prevedeva un’estensione dei diritti di utilizzazione economica fino ad un massimo di 14 anni dalla pubblicazione dell’opera, eventualmente rinnovabili su richiesta dell’autore per altri 14. Un limite massimo, quindi, di 28 anni che si contrappone all’attuale previsione che vuole i diritti persistenti per tutta la vita dell’autore e fino a 70 anni dalla sua morte (a beneficio quindi dei suoi aventi causa).

Creative Commons ha escogitato uno scaltro espediente che permette di imboccare un percorso alternativo agli autori che non vogliano “imbrigliare” la loro opera nelle maglie del copyright per un periodo di tempo così ampio e che allo stesso tempo ritengano sufficiente la retribuzione derivante da quei 14 o 28 anni di sfruttamento esclusivo; e tutto ciò senza dover entrare in contrasto con la normativa ordinaria sul copyright. In pratica l’autore stipula con Creative Commons un contratto simbolico (ma del tutto valido) con cui, al prezzo altrettanto simbolico di un dollaro, cede definitivamente all’associazione il copyright sull’opera; a questo punto Creative Commons concederà all’autore una ‘licenza esclusiva’ che gli garantirà l’utilizzo dell’opera per 14 anni (o eventualmente per altri 14). In compenso, l’opera durante quel periodo godrà della promozione e della visibilità che solo un grande archivio telematico di contenuti artistici qual è il sito di Creative Commons può assicurare. Allo scadere dei 14 (o 28) anni l’autore non potrà avanzare più alcun copyright né diritto di utilizzo.



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