CAPITOLO IV DALL’AMBITO SOFTWARE A QUELLO NON SOFTWARE: 3. NUOVE PROSPETTIVE PER LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE

Questo panorama rivoluzionario ed innovativo ci fa automaticamente sentire l’esigenza che il diritto, in quanto scienza sociale, si armonizzi spontaneamente al cambiamento ; ma purtroppo la situazione è decisamente più intricata di quanto si possa immaginare. D’altro canto, come sottolinea Ubertazzi, la nostra concezione del diritto d’autore è nata in tempi in cui l’industria culturale era sostanzialmente centrata sulle opere letterarie, musicali e figurative, calate in un contesto limitato all’editoria tradizionale cartacea e al teatro di prosa o di musica; perciò “l’evoluzione tecnologica in atto nei settori dell’informatica e delle telecomunicazioni impone di verificare se il diritto d’autore attuale sia ancora adeguato.” E’ necessario inoltre tenere ben presente che un’opera dell’ingegno avente i requisiti di creatività e originalità (necessari per l’applicazione del diritto d’autore) è protetta “qualunque ne sia il modo o la forma di espressione” (art. 1, l.a.).

Le ultime scelte, sia quelle di politica legislativa compiute dai governi, sia quelle di “auto-tutela” attuate a livello di marketing dalle imprese editrici-produttrici, si sono però esternate in una direzione opposta rispetto alla scelta di adattarsi agli inevitabili mutamenti della rivoluzione digitale. Per il primo aspetto - quello che qui maggiormente ci interessa - bisogna considerare la marcata tendenza, da parte del legislatore statunitense prima e di quello comunitario europeo poi, di rafforzare con precise disposizioni normative la tutela del cosiddetto ‘corpus mechanicum’ delle opere, ovvero il loro aspetto materiale (contrapposto all’opera in quanto contenuto espressivo, ovvero ‘corpus mysticum’) , autorizzando (e per certi versi incoraggiando) l’applicazione di meccanismi di crittazione e di controllo del supporto su ogni tipo di opera (alla stregua di quanto mostrato a proposito di software). Ci si riferisce ai disposti del Digital Millennium Copyright Act (U.S.A., 1998) e della sua versione europea ravvisabile nella direttiva 2001/29/CE meglio nota come EUCD (European Union Copyright Directive). Non si vuole in questa sede sindacare sull’opportunità politico-giuridica di una simile impostazione di tutto il complesso della proprietà intellettuale; più avanti cercheremo al massimo di esaminare le eventuali possibilità di sviluppo di discipline alternative. Si tratta infatti questa di una scelta estremamente delicata a causa dei consistenti interessi economici e sociali relativi al business della comunicazione, i quali si fanno sempre più pregnanti in un mondo informatizzato e interconnesso come quello attuale. Metaforicamente, si può prospettare la presenza di due forze opposte che esercitano una costante e progressiva trazione: da una parte abbiamo l’evoluzione tecnologica che si fa sempre più intensa e accessibile all’utente medio, dall’altra abbiamo la rilevanza politica ed economica del mondo dell’editoria e della distribuzione di opere dell’ingegno; al centro di queste forze divergenti abbiamo invece il diritto industriale in generale e più specificamente il diritto d’autore. Questo negli ultimi anni è inoltre teatro di una irrisolta disputa dottrinale su alcuni aspetti fondamentali che presentiamo qui sinteticamente in via esemplificativa.



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