CAPITOLO IV DALL’AMBITO SOFTWARE A QUELLO NON SOFTWARE: 3.1. DIVERSE IMPOSTAZIONI DOTTRINALI

La prima discrasia a porsi è quella fra la dottrina maggioritaria che, per rispondere alla crescente esigenza di nuovi modelli di disciplina, suggerisce l’applicazione dei principi tradizionali della proprietà intellettuale, con una approfondita opera di interpretazione e adattamento ai vari casi concreti, garantendo così una maggior elasticità e malleabilità della normativa; e altri autori che invece preferirebbero una disciplina specifica per ogni nuovo fenomeno passibile di tutela industrialistica. Un’altra determinante dicotomia è quella che da un lato vede i sostenitori di un nuovo diritto d’autore più vicino al modello anglo-americano del copyright, quindi focalizzato sulla tutela dell’opera in quanto tutt’uno di corpus mysticum e corpus mechanicum e non particolarmente sensibile alla distinzione giuridica di diritti patrimoniali e diritti morali; dall’altro lato vede invece i promotori di un ritorno ad un diritto d’autore più classico, più vicino quindi al modello latino-germanico, che ponga l’accento sull’opera in quanto tale (corpus mysticum) e che sappia valorizzare l’aspetto morale indipendentemente da quello patrimoniale. Non mancano poi le posizioni più radicali di coloro che vorrebbero per esempio sottoporre il mondo della comunicazione ai rigidi controlli riecheggianti una sorta di stato di polizia telematico, oppure di coloro che vorrebbero disfarsi totalmente delle restrizioni tipiche della proprietà intellettuale (precisamente quelle relative all’aspetto patrimoniale), creando un universo di globale condivisione delle informazioni. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un movimento politico-culturale che viene comunemente indicato con l’espressione ‘no-copyright’ o anche ‘cyberpunk’ e su cui avremo modo di soffermarci più avanti.



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