CAPITOLO V - OPENSOURCE E COPYLEFT NELLE OPERE NON SOFTWARE: 10. IL COPYLEFT IN ITALIA

Nel corso della presentazione dei principali progetti di libera espressione ispirati al copyleft abbiamo fatto cenno qua e là al contributo di alcune organizzazioni di origine italiana: vediamo ora di osservare appunto in quali proporzioni il fenomeno del copyleft si è sviluppato nel nostro paese. La già citata Associazione Software Libero (www.softwarelibero.it) è il punto di riferimento italiano per la Free Software Foundation Europe ed è un’associazione no-profit che ha sede a Firenze e si occupa della diffusione del copyleft principalmente in ambito software, ma che si è attivata con progetti di più ampio respiro come appunto il dizionario libero (si veda il par. ) e un gruppo di studio sulle implicazioni giuridiche della GPL sulla base del diritto italiano.

Simili scopi e progetti vengono perseguiti dall’associazione culturale ‘OpenLabs’ (www.openlabs.it) la quale però ha sede a Milano, dove organizza eventi, conferenze e corsi relativi al software libero e alla filosofia Opensource in generale. Su questo modello di attività bisogna infine segnalare tutti i Linux Users Group (LUG) sparsi in varie città italiane: si tratta a volte di gruppi informali e decentrati che raccolgono e mettono in contatto tutti gli utenti di Linux e gli appassionati dell’Opensource. Per quanto riguarda l’applicazione del copyleft in ambito non software, si segnala il sito web h t t p : / / c o p y d o w n . i n v e n t a t i . i t / in cui si raccolgono molti contenuti sotto licenze libere ed è disponibile una traduzione quasi completa del materiale esplicativo che si trova sul sito Creative Commons.

Una curiosa iniziativa tutta italiana è quella della realizzazione di una compilation di brani musicali sotto licenza Creative Commons: l’originale progetto è chiamato ‘Clorofolk’ e ha messo a disposizione in rete quattordici file audio in formato ‘mp3’ scaricabili gratuitamente dal sito http://www.inventati.org/inventa/mp3/paginaprincipale.html. Inoltre la libera associazione culturale ‘C r e A t t i v a - Gruppo di attivismo creativo’ (http://digilander.libero.it/creattivaweb), attiva nel sud Milano dal gennaio del 2001,si occupa, con scopi non commerciali, della promozione di vari progetti di condivisione delle esperienze creative, come ad esempio ‘Collective Style’: una strana iniziativa di narrativa giovanile che ha prodotto un ‘romanzo a staffetta’ realizzato ‘a più mani’ da diversi autori senza che sia possibile risalire alla paternità delle singole parti (un esperimento a metà strada fra un’opera collettiva e un’opera composta).

Di recente CreAttiva si è mossa nella direzione della diffusione del copyleft nell’ambito dei contenuti artistici, con la traduzione e la diffusione delle licenze più importanti. Infine, si deve citare l’importante e recentissimo passo compiuto da alcuni giuristi dell’Università di Torino (fra cui il Prof. Marco Ricolfi) che si sono attivati per la realizzazione di un distaccamento italiano di Creative Commons, nell’ambito del già illustrato progetto ‘iCommons’ e sotto l’egida del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Il sito w w w . c r e a t i v e c o m m o n s . i t , in rete dallo scorso 20 novembre e presentato dallo stesso Lawrence Lessig in occasione del convegno torinese “La conoscenza come bene pubblico comune: software, dati, saperi”, per ora riporta la traduzione italiana di alcune delle CCPL e la possibilità di iscriversi ad una lista di discussione per utenti italiani. Il risvolto più interessante del progetto resta comunque l’avviato studio da parte di illustri giuristi sull’effettiva applicabilità del copyleft nel sistema di diritto d’autore italiano.




Open Source e opere non software:

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