E’ il caso infine di spendere qualche parola a
proposito di un aspetto che risulta piuttosto determinante per le implicazioni di diritto industriale sull’ambito
delle opere multimediali. Ci riferiamo alla fondamentale questione dei rapporti fra formato dei file e
tecnologia a disposizione dell’utente.
Come abbiamo più volte fatto notare, la possibilità di lettura, uso e modifica di un file digitale dipende
indissolubilmente dall’abilità dell’utente ma soprattutto dall’apparato hardware-software di cui egli dispone.
Un file infatti, a seconda del suo contenuto e della sua particolare funzione, può essere “confezionato” in
diverse modalità o formati che in informatica si contraddistinguono per la loro ‘estensione’, cioè quella sigla
(preceduta da un punto) che solitamente troviamo sul nostro PC dopo il nome dei file. Per esempio le
estensioni ‘.doc’, ‘.txt’, ‘.rtf’, indicano particolari formati di testo, le estensioni ‘.jpg’, ‘.tif’, ‘.gif’ indicano
particolari formati d’immagine, le estensioni ‘.wav’, ‘.mp3’ indicano particolari formati di suoni, le
estensioni ‘.mpg’, ‘.vid’, ‘.avi’ indicano particolari formati video ecc.
La scelta di quale formato attribuire ad un file è determinata da molti fattori fra cui la qualità del file,
la sua compattezza, la sua compatibilità con alcuni sistemi; e in certi casi anche dalla comodità e dal gusto
dell’autore.
L’utente che riceve un file può usufruirne solo se dispone delle apparecchiature hardware e dei
sistemi software necessari a decodificarlo; altrimenti il file può essere semplicemente conservato in memoria
come un’inutile e informe sequenza di 0 e di 1.
Questa situazione disomogenea fa appunto emergere, in un sistema digitale di diffusione dei contenuti,
il problema della compatibilità dei formati con i principali sistemi operativi e con gli specifici software.
Purtroppo, spesso la scelta di un determinato formato è imposta di riflesso dalla particolare diffusione del
rispettivo software di codifica. Per esempio la diffusione del formato ‘.doc’ fra le decine possibili in ambito
di file di testo dipende anche dalla corrispondente diffusione del programma Microsoft Word.
Un’altra particolarità dipende dalle versioni dei programmi di codifica: a seconda che esse siano più o
meno aggiornate, saranno più o meno in grado di leggere i vari formati disponibili sul mercato; un file “vecchio” sarà sempre leggibile con i nuovi programmi, ma chi dispone di un programma “vecchio” può
avere difficoltà ad aprire un file creato (e codificato) con un programma più recente.
Anche qui si pone un dilemma di tipo etico se non addirittura politico: come si può essere a favore
della libera diffusione delle conoscenze se poi per poterle acquisire si è costretti ad usare strumenti non
liberi? Ecco dunque che nelle viscere del movimento Opensource e software libero, soprattutto per quanto
riguarda l’aspetto propagandistico, si tende sempre più a ricercare e a richiedere una massima compatibilità
dei formati con i diversi sistemi software in circolazione; addirittura, come vedremo, alcune licenze la
richiedono esplicitamente come condizione di applicabilità.
Il concetto di ‘compatibilità’, però, è piuttosto ampio e generico ed è spesso legato alla sfera hardware;
in questo specifico campo è preferibile parlare di ‘trasparenza’, così come suggeriscono gli stessi “guru”
della FSF. Una impeccabile definizione del concetto si estrae proprio dalla Licenza per documentazione
libera del progetto GNU, che alla sezione 1 riporta: “Una copia trasparente del documento indica una
copia leggibile da un calcolatore, codificata in un formato le cui specifiche sono disponibili pubblicamente, i
cui contenuti possono essere visti e modificati direttamente, ora e in futuro, con generici editor di testi o con
generici editor d’immagini […].” Per converso, una copia che non abbia questi requisiti, quindi non
trasparente, è definita (con l’efficacia tipica del gergo hacker) ‘opaca’.
Da qui si evince che, in senso figurato, la trasparenza è il corrispettivo in ambito di distribuzione di
file digitali del concetto di ‘apertura’ (caratteristico del software open source) in ambito di distribuzione del
software .
Questi rilievi, anche se sembrano limitarsi alla sfera pratica dell’utilizzo dei dati, hanno enorme rilievo
dal punto di vista della tutela industriale, dato che la maggiore diffusione di un particolare formato sul
mercato globale delle informazioni si rivela spesso come una potentissima arma di marketing per la
distribuzione dei software e dei loro aggiornamenti. Le grandi imprese d’informatica sanno sfruttare al
meglio questa loro prerogativa, per esempio calibrando perfettamente i tempi con cui diffondere gli
aggiornamenti di un particolare programma o immettere sul mercato un nuovo formato digitale; tutto ciò – è
ben intuibile – non può non avere molteplici punti di attrito con il diritto antitrust .
Open Source e opere non software:
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