Come abbiamo già accennato, anche la Free
Software Foundation, dall’alto della sua posizione privilegiata (e unanimemente riconosciuta) di prima
custode della libertà nel software, ha da sempre sfruttato la visibilità e la credibilità derivatele da un a
personalità come Stallman per guidare gli utenti di software verso una corretta qualificazione del concetto di
software libero. I meccanismi con cui questa organizzazione ha conferito il suo benestare (oppure ancora
“patrocinio”) alle diverse licenze in circolazione, sono però piuttosto diversi da quelli prescelti dalla Open
Source Initiative.
Per prima cosa la FSF non usa come modello di riferimento un documento-manifesto quale può essere
considerato la OSD, bensì una vera e propria licenza che funge – ma solo in seconda battuta – anche da
manifesto: ovvero la GPL, che viene “solennemente” elevata al grado di licenza del ‘free software’ per
eccellenza. Essa diventa in tal modo l’unica vera licenza che realizza appieno le quattro libertà basilari
previste dalla ‘free software definition’ (d’ora in poi FSD):
- la libertà di eseguire il programma, per qualsiasi scopo (libertà 0);
- la libertà di studiare come funziona il programma e adattarlo alle proprie necessità (libertà 1);
- la libertà diridistribuire copie inmodo da aiutare il prossimo (libertà 2);
- la libertà di migliorare il programma e distribuirne pubblicamente i miglioramenti, in modo tale che
tutta la comunità ne possa trarre beneficio (libertà 3). Ovviamente l’accesso al codice sorgente è considerato
come prerequisito essenziale alla ‘libertà 1’ e alla ‘libertà 3’.
Inoltre, coerentemente con i principi di libertà “totale” da essa strenuamente difesi, la FSF non
avrebbe mai potuto condividere la scelta di registrazione di un marchio di certificazione;senza poi calcolare
che, se la OSI ha incontrato problemi nella richiesta di registrazione a causa della eccessiva descrittività e
genericità dell’espressione Open Source, tanti più se ne avrebbero a voler definire giuridicamente un
concetto così ampio come quello di ‘libertà’. Lo stesso Stallman, che già dai primi passi della OSI aveva
esternato le sue aspre critiche per l’intera impostazione del progetto, si è sempre palesato contrario ad un
simile meccanismo di controllo giuridico sul rispetto dei criteri dell’Opensource. Uno dei suoi più
significativi saggi contiene non a caso un paragrafo intitolato “Un marchio registrato può aiutare?” in cui
l’hacker sostiene l’inutilità della mossa di Raymond e Perens, comprovata – a suo dire – sia dal tentativo
fallito di registrare ‘Open Source’ come marchio, sia dal fatto che alcune aziende sono riuscite spesso a
presentare come open source dei programmi non OSD-compatibili, pur senza usare nel materiale divulgativo
la precisa espressione ‘Open Source’ e creando in tal modo ulteriore confusione nel pubblico. In definitiva, Stallman (e quindi la FSF) è di gran lunga più propenso a conferire quella sorta di
“patrocinio” a progetti o licenze,sfruttando fin dove possibile quella storica e monolitica tradizione di valori
etici e di esperienza sul campo che solo la FSF può vantare; senza quindi “impantanarsi” nelle insidie della
burocrazia e mantenendo una più opportuna elasticità e informalità nel procedimento. La lista delle licenze di
software prese in considerazione nel sito della FSF è più semplicemente divisa in licenze per software non
libero (quindi di per sé incompatibili con la GPL e con la FSD) e licenze per software libero; quest’ultima
categoria è a sua volta bipartita in ‘licenze di software libero compatibili con la GPL’ e ‘licenze di software
libero incompatibili con la GPL’. Ovviamente il concetto di compatibilità usato in questo caso, non si
riferisce solamente ad una coerenza con i principi della GPL ma più tecnicamente alla possibilità di
combinare il codice così tutelato con codice sotto licenza GPL.
In base a questa classificazione e ad alcune annotazioni sui principali parametri presi in esame, è
possibile anche in questo caso compilare una tabella a doppia entrata riferita alle stesse licenze prese in
considerazione nello scorso paragrafo.
Open Source e opere non software:
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