CAPITOLO II - DINAMICA STORICA DEL MOVIMENTO OPENSOURCE: 5. LE DIFFICOLTÀ DA SUPERARE

Si ricominciò così a recuperare lo spirito di condivisione tipico dell’etica hacker e ad applicarlo alla realizzazione del nuovo sistema operativo libero GNU. Stallman escogitò un meccanismo atipico di copyright basato su particolari licenze, chiamato appunto copyleft, con il quale costringeva chiunque volesse apporre modifiche al software distribuito liberamente dalla FSF a ridistribuirle altrettanto liberamente. Ciò significava – come già spiegato – mantenere in ogni operazione l’accessibilità del codice sorgente. Si innescò quindi un continuo flusso di versioni via via più aggiornate delle componenti del software tra i programmatori di tutto il pianeta che decidevano di impegnarsi nel progetto GNU e accettavano i suoi principi. Il sito della FSF, quello del Progetto GNU e quello personale di Stallman  iniziarono a riportare (e riportano tuttora) molto materiale di matrice ideologica, in cui si esternavano i cardini di tale filosofia e si mettevano all’indice tutti i progetti e i soggetti che si muovevano in senso opposto. Stallman, nei suoi scritti e nelle sue (numerose quanto eccentriche) apparizioni a convegni e conferenze, amava parlare di s o f t w a r e l i b e r o proprio per marcare la contrapposizione con il software proprietario e la distorsione di ideali che quest’ultimo aveva comportato. Era palese l’intento propagandistico della scelta terminologica rivolto ad una ‘fauna’ composita e frammentaria; agli occhi degli hacker di prima generazione, infatti, l’aggettivo ‘libero’ poteva sembrare decisamente pleonastico: il loro software, d’altronde, lo era sempre stato. Guai a chi usava altri termini e a chi cercava di ammorbidire i toni del confronto! Stallman è forse colui che più di tutti inorridirebbe se sapesse che il suo pensiero è riportato in una tesi dedicata al “movimento opensource” invece che al “movimento per il software libero”. Questa totale integrità morale, unita ad una personalità alquanto egocentrica e insofferente, hanno fatto di Stallman una sorta di ideologo-quasi-profeta, idolatrato per certi versi, ma spesso osteggiato come interlocutore o nella messa in pratica dei progetti comuni e per molti destinato ad un inevitabile autoisolamento. Nonostante il mercato del software proprietario in vertiginosa espansione provocasse un progressivo soffocamento di risorse e possibilità, il progetto proseguiva in modo anche piuttosto soddisfacente;ma presto avrebbe pagato lo scotto della sua congenita frammentarietà. Il repertorio di applicazioni prodotto con il metodo del copyleft era decisamente ampio e ben funzionante; ma non si poteva ancora parlare di un sistema operativo completo poiché non era ancora disponibile un vero e proprio kernel. Il kernel è – in parole molto povere – il ‘nucleo’ del sistema operativo, l’insieme di informazioni che permettono alla macchina di ‘fare girare’ correttamente tutte le applicazioni che compongono l’intero sistema operativo. Senza di lui, il sistema operativo GNU non poteva far altro che appoggiarsi su una piattaforma di software proprietario, beffando così gli intenti ideologici e dimostrativi del progetto. Tale grossa pecca dipendeva proprio dalla difficoltà di amalgamare un lavoro così composito e di coordinare una squadra tanto indefinita e mutevole di sviluppatori.



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