CAPITOLO I - PREMESSE CONCETTUALI: 1.1. CHE COSA S’INTENDE PER OPENSOURCE (IN SENSO PIÙ TECNICO; IN SENSO PIÙ AMPIO)

 Il termine composto “Open Source” nasce (pur indirettamente 1 ) dal mondo della programmazione informatica e sta ad indicare alcune caratteristiche tecniche del software: è quindi un concetto che necessita alcune conoscenze tecniche sui processi di progettazione dei programmi per calcolatore. Cercherò di fornire una basilare infarinatura per i più profani, consapevole del rischio di incorrere in goffaggini espressive agli occhi di un eventuale lettore tecnicamente esperto. Soffermandoci dapprima sul senso più tecnico dell’espressione, bisogna spiegare innanzitutto una cosa: un programma non è altro che un insieme di istruzioni per far sì che il computer svolga determinate funzioni. Il computer “ragiona” in un sistema binario in cui ogni informazione deve essere codificata in una serie composta da sole due cifre: lo zero e l’uno. A seconda di come 0 e 1 vengono disposti e raggruppati abbiamo dei dati che possono essere riconosciuti ed elaborati dalla macchina. La scienza informatica ha però creato diversi linguaggi che permettono di dialogare con la macchina senza dover inserire direttamente sfilze indeterminate e disorientanti di 0 e di 1. Perciò il programmatore scrive il programma in uno di questi linguaggi, dopo di che un altro programma (chiamato compilatore) trasformerà automaticamente durante l’istallazione le istruzioni in linguaggio binario rendendole così assimilabili da parte del computer. Nel gergo informatico si usa chiamare – per ragioni ora facilmente intuibili – il codice binario “codice oggetto”, mentre il codice con cui è stato sviluppato il software “codice sorgente”, il quale è comprensibile e modificabile a qualunque programmatore che conosca il determinato linguaggio informatico usato. ‘Sorgente’ in Inglese (la lingua madre dell’informatica) si traduce ‘source’ e sottintende in un'unica parola il sostantivo ‘codice’: è per questo che, per trasposizione, nel gergo corrente italiano è più facile trovare ‘il sorgente’, unendo un articolo maschile con un sostantivo femminile. Ai puristi della lingua di Dante e Manzoni può sembrare un obbrobrio; ma dobbiamo ricordarci che ogni volta che leggiamo ‘il sorgente’ dobbiamo intendere ‘il codice sorgente’. 

La traduzione letterale di ‘open source’ diviene dunque ‘sorgente aperto’ (e non ‘sorgente aperta’). L’aggettivo ‘open’ sta a significare che il codice sorgente rimane accessibile a chiunque voglia intervenire sul programma, correggerne gli errori (detti in gergo ‘bug’) sorti durante la sua compilazione, aggiornarlo, perfezionare le sue funzioni, oppure semplicemente studiarne i meccanismi e prendere spunto per altri programmi. Come vedremo più avanti, la scelta di lasciare accessibile il sorgente era la prassi nei primi anni di vita della nuova scienza informatica; la tendenza man mano s’invertì quando le imprese produttrici di software iniziarono a irrigidire il sistema inserendo dei meccanismi di crittazione per i quali è invece molto difficile o impossibile intervenire sul programma. 

Tutto ciò ovviamente con lo scopo di massimizzare lo sfruttamento economico e facendo leva sulle tutele proprie del diritto d’autore e sui relativi diritti esclusivi. Passando ora ad ‘open source’ in senso più ampio, per quanto riguarda il nostro ambito (meno tecnico e più – per così dire – antropologico) non è necessario un simile rigore; anzi, come vedremo più avanti, può risultare addirittura fuorviante. Per un approccio di tipo giuridico (idem per approcci di tipo economico o sociologico) è più congeniale usare la locuzione ‘open source’ per individuare un fenomeno, una filosofia, un movimento culturale. Appunto, un movimento basato sui principi (e sull’orgoglio) di coloro che potremmo chiamare i programmatori di prima generazione (gli indipendenti, gli hacker) e nato come reazione a quella tendenza ormai costante ad iper-tutelare le creazioni informatiche. Nei prossimi capitoli illustrerò l’evoluzione e il fondamento di questi principi. Per ora però mi preme appunto sottolineare ai lettori che in questa tesi userò il termine open source in senso ampio e a volte quasi decontestualizzato dalla sua matrice strettamente tecnica. Userò ‘Opensource’ (tutto attaccato e con la lettera maiuscola) per indicare appunto una rivoluzionaria filosofia di gestione e diffusione del software, pur consapevole che gran parte dei principi etici e giuridici su cui mi soffermerò saranno figli di diversi movimenti culturali, talvolta piuttosto lontani dal concetto convenzionale di ‘open source’ 2 . 



Open Source e opere non software:

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