Si ricominciò così a recuperare lo spirito di condivisione tipico
dell’etica hacker e ad applicarlo alla realizzazione del nuovo sistema operativo libero GNU. Stallman
escogitò un meccanismo atipico di copyright basato su particolari licenze, chiamato appunto copyleft, con
il quale costringeva chiunque volesse apporre modifiche al software distribuito liberamente dalla FSF a
ridistribuirle altrettanto liberamente. Ciò significava – come già spiegato – mantenere in ogni operazione
l’accessibilità del codice sorgente.
Si innescò quindi un continuo flusso di versioni via via più aggiornate delle componenti del software
tra i programmatori di tutto il pianeta che decidevano di impegnarsi nel progetto GNU e accettavano i suoi
principi.
Il sito della FSF, quello del Progetto GNU e quello personale di Stallman iniziarono a riportare (e
riportano tuttora) molto materiale di matrice ideologica, in cui si esternavano i cardini di tale filosofia e si
mettevano all’indice tutti i progetti e i soggetti che si muovevano in senso opposto. Stallman, nei suoi scritti
e nelle sue (numerose quanto eccentriche) apparizioni a convegni e conferenze, amava parlare di
s o f t w a r e l i b e r o proprio per marcare la contrapposizione con il software proprietario e la distorsione
di ideali che quest’ultimo aveva comportato. Era palese l’intento propagandistico della scelta terminologica
rivolto ad una ‘fauna’ composita e frammentaria; agli occhi degli hacker di prima generazione, infatti,
l’aggettivo ‘libero’ poteva sembrare decisamente pleonastico: il loro software, d’altronde, lo era sempre
stato. Guai a chi usava altri termini e a chi cercava di ammorbidire i toni del confronto! Stallman è forse
colui che più di tutti inorridirebbe se sapesse che il suo pensiero è riportato in una tesi dedicata al
“movimento opensource” invece che al “movimento per il software libero”.
Questa totale integrità morale, unita ad una personalità alquanto egocentrica e insofferente, hanno fatto
di Stallman una sorta di ideologo-quasi-profeta, idolatrato per certi versi, ma spesso osteggiato come
interlocutore o nella messa in pratica dei progetti comuni e per molti destinato ad un inevitabile autoisolamento.
Nonostante il mercato del software proprietario in vertiginosa espansione provocasse un progressivo
soffocamento di risorse e possibilità, il progetto proseguiva in modo anche piuttosto soddisfacente;ma presto
avrebbe pagato lo scotto della sua congenita frammentarietà. Il repertorio di applicazioni prodotto con il
metodo del copyleft era decisamente ampio e ben funzionante; ma non si poteva ancora parlare di un sistema
operativo completo poiché non era ancora disponibile un vero e proprio kernel. Il kernel è – in parole molto
povere – il ‘nucleo’ del sistema operativo, l’insieme di informazioni che permettono alla macchina di ‘fare
girare’ correttamente tutte le applicazioni che compongono l’intero sistema operativo. Senza di lui, il sistema
operativo GNU non poteva far altro che appoggiarsi su una piattaforma di software proprietario, beffando
così gli intenti ideologici e dimostrativi del progetto. Tale grossa pecca dipendeva proprio dalla difficoltà di
amalgamare un lavoro così composito e di coordinare una squadra tanto indefinita e mutevole di
sviluppatori.
Open Source e opere non software:
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